1° Maggio 1945: a Belluno l’ultimo sangue prima della libertà.

Belluno in fiamme: gli eccidi nazisti nei giorni della Liberazione
Nei giorni drammatici che portarono alla fine della Seconda guerra mondiale, la provincia di Belluno fu teatro di violenti scontri tra truppe tedesche in ritirata e formazioni partigiane locali. Se il 25 aprile 1945 è celebrato in tutta Italia come il giorno della Liberazione, a Belluno e nei dintorni il prezzo della libertà fu pagato fino all’ultimo con sangue e dolore.
In particolare, il 1° maggio 1945 si consumarono alcuni dei più feroci eccidi nazisti ai danni della popolazione civile e dei partigiani della zona.
La ritirata tedesca e la resistenza partigiana
A fine aprile 1945, la strada tra Belluno e Ponte nelle Alpi era percorsa da un flusso continuo di truppe tedesche in fuga verso il Cadore. Il Battaglione partigiano “Palman”, comandato da Francesco Del Vesco detto “Macario”, operava nella zona tra San Liberale e Safforze. Il 25 aprile, nei pressi di Andreane, i partigiani attaccarono una colonna motorizzata tedesca, infliggendo gravi perdite. Da quel momento si aprì una fase di scontri quasi continui, culminata in una battaglia nel centro di Fiammoi, dove persino le donne del paese parteciparono attivamente respingendo l’avanzata nemica.
Il 21 aprile 1945 a Giamosa, frazione del comune di Belluno, viene fermato dai tedeschi un partigiano (sul cui nome non c’è certezza) che, trovato in possesso di un caricatore, viene fucilato sul posto.
Il 30 aprile 1945 le operazioni insurrezionali attorno a Belluno sono in pieno svolgimento. Fin dal mattino i partigiani attaccano il presidio tedesco di Castion (Belluno), che oppone una dura resistenza. I tedeschi prendono molti ostaggi in paese, incendiano diversi edifici, costringono il parroco a togliere il tricolore dal campanile della chiesa e saccheggiano la canonica, oltre a molte case. Infine uccidono, forse perché scambiato per partigiano, un uomo malato di mente che si trovava sulla loro strada.
Quella mattina (30 aprile 1945) i partigiani della zona di Bolzano Bellunese (Belluno) fanno prigionieri 25 tedeschi in ritirata che avevano trovato alloggio in una stalla a Travazzoi (Belluno). I tedeschi, però, informati del fatto, inviano rinforzi per liberare i compagni. Durante le operazioni viene ucciso Mario Mares e ferito un altro uomo.
La situazione era ormai esplosiva: le strade erano intasate da soldati tedeschi allo sbando. Quella notte, il “Palman” ingaggiò nuovi combattimenti. Alle prime luci del 1° maggio, con gli Alleati ormai vicini, i tedeschi iniziarono a scatenare rappresaglie violente sulla popolazione.
L’ira cieca dei nazisti sui civili
Il 1° maggio fu un giorno di sangue. A San Pietro in Campo, i tedeschi, in ritirata e sotto pressione sia dalle forze partigiane sia dalle avanguardie alleate, reagirono con ferocia contro la popolazione civile. La strada che da Belluno porta a Ponte nelle Alpi, diventata una delle principali vie di fuga, si trasformò anche in un teatro di stragi.
Per garantirsi il passaggio, i soldati tedeschi iniziarono a prendere civili come ostaggi, con l’obiettivo di usarli come scudi umani. Tra questi, a San Pietro in Campo, cercarono di prelevare Lino Fistarol e il figlio Gino. La moglie e madre, Luigia Rossa, si oppose disperatamente: si aggrappò ai suoi congiunti per impedirne la cattura. I soldati, innervositi, tentarono di strapparla con la forza. La picchiarono brutalmente con i calci dei fucili e, infine, fucilarono tutti e tre davanti alla loro casa. Luigia Rossa aveva già visto morire un cognato nei giorni precedenti.
Alla Rossa, poche ore dopo, vennero uccise altre persone. I tentativi dei tedeschi di entrare a Fiammoi vennero invece respinti: la popolazione, affiancata dai partigiani, oppose una resistenza decisa. Si scatenò una vera battaglia in cui persero la vita Fiori Sala, Marino Schiocchet (ricordato nella chiesetta di San Matteo a Sala), Antonio Brino “Italo” e Antonio Pampanin “Rapido”. Il comandante del battaglione Palman, Francesco Del Vesco “Macario”, fu gravemente ferito e morì il 14 maggio all’ospedale di Belluno.
L’eccidio di Porta Feltre (ora Piazzale Marconi) a Belluno
Il 1° Maggio 1945 anche Piazzale Marconi a Belluno, registrò delle vittime a causa della furia nazista, in particolare sette partigiani che tentarono di bloccare una colonna corazzata tedesca. I nomi di questi caduti sono Pietro Poletto (Peter), Ardeo De Vivo (Mimi), Oscar Pisciutta (Paolo), Sergio Salomon (Dax), Renato Sottomani (Venerdì), Bruno Tormen (Mario) e Giovanni Sommavilla (Squalet).
Un’ultima minaccia e la risposta alleata
I tedeschi, messi alle strette, arrivarono a prendere in ostaggio donne, bambini, anziani e persino il parroco di Cusighe, usandoli come scudi umani per aprirsi un varco verso il Cadore. Di fronte al rifiuto dei comandi partigiani di lasciarli passare, minacciarono di bombardare Belluno con cannoni da 80 mm puntati sulla città.
Fu solo grazie alla mediazione tra il comando della zona “Piave” e la missione inglese “Simia”, guidata dal maggiore Tilman, che si decise di richiedere un intervento aereo alleato. Otto cacciabombardieri si alzarono in volo e colpirono la colonna tedesca: l’inferno si scatenò sulla strada. I tedeschi superstiti fuggirono verso il monte Serva, ma vennero infine sopraffatti dalle truppe partigiane.
Una liberazione pagata a caro prezzo
Il 1° maggio 1945 si concluse così con un misto di vittoria e lutto. Belluno e l’Oltrardo furono finalmente liberi, ma il prezzo fu altissimo: vite spezzate, famiglie distrutte, ferite ancora aperte. L’episodio è ricordato anche nel libro “Polenta e sassi” di Emilio Sarzi Amadè, che racconta con crudezza la battaglia finale e la ferocia della ritirata tedesca:
” … quando il battaglione di Macario ha visto i carri armati americani che venivano su da Ponte nelle Alpi si è lanciato all’attacco della colonna tedesca che era sulla strada, e i carri armati sono tornati indietro e i tedeschi hanno sparato con un fuoco d’inferno e hanno fatto fuori una dozzina di uomini e adesso Macario è pieno di pallottole, e poi hanno fucilato dei civili vicino alla strada.”
Il 2 maggio 1945 i tedeschi in ritirata presso Salce (Belluno) uccidono Amorino Cassol.
Sempre il 2 maggio 1945 giunge ad Orzes, frazione di Belluno, una colonna tedesca in ritardo rispetto alle altre in ritirata. I soldati sparano sui passanti e ne feriscono due. Luigi Merlin viene ricoverato in ospedale ma muore per l’infezione alla ferita il 5 maggio 1945.
Oggi, a distanza di ottant’anni, è fondamentale non dimenticare.
Quelle giornate tragiche e valorose raccontano la forza di una popolazione che ha resistito all’orrore e ha combattuto per la libertà, anche a costo della vita.
Michele Sacchet
Nella foto di copertina:
TEDESCHI IN RASTRELLAMENTO CON UN CARRO ARMATO LEGGERO H39 HOTCHKISS
(FOTO: COPIA IN ARCHIVIO CSSAU – ORIGINALE CONSERVATO DAL BUNDESARCHIV DI KOBLENZ)