VECI DA BÒCE E BÒCE DA VECI…
Chi ha fatto il servizio militare obbligatorio ricorda certamente il significato che si dava ad alcune parole indossando la divisa e tra i tanti termini di quel particolare ‘vocabolario’ un importante ruolo rivestivano i termini ‘bocia’ e ‘vecio’.
Espressioni queste legate ad un’altra: “il passaggio della stecca”, che rappresentavano nel corso della naja il trascorrere dei mesi, sottolineato da una sorta di gerarchia che non considerava il grado o l’età ma il tempo trascorso in grigioverde.
Per tutte le reclute, prima al C.A.R. e poi al reparto di destinazione c’era uno ‘scotto’ da pagare in quanto ‘boce’ nei confronti dei ‘veci’, ma per i primi era consolatorio pensare che un giorno anche loro sarebbero diventati ‘veci’. Si diceva del ‘pegno’ che gli ultimi arrivati dovevano pagare in presenza dei più anziani in servizio. Azioni a volte in apparenza stupide quelle che venivano richieste e che comunque facevano parte di un caratteristico codice comportamentale che si tramandava di scaglione in scaglione.
Ma è anche vero che i più giovani avevano occasione di acquisire dall’esperienza dei più anziani quelle modalità che potevano rendere meno pesante la vita di caserma.
Aldilà del grado militare conseguito al termine della naja, ma anche dopo in tanti altri ambiti della nostra esistenza, siamo stati tutti quindi prima ‘boce’ e poi ‘veci’. Oggi per molti di noi sono passati decine di anni da quell’esperienza e il significato di giovane e vecchio che allora davamo a queste due parole assume una prospettiva diversa. Aver raggiunto l’età anziana, o esserne ormai nei pressi, ci fa sentire il peso degli anni nello zaino della vita, ma nonostante ciò spesso, evitando di passare davanti ad uno specchio, dentro di noi ci sentiamo ancora in piena forma, salvo esserne smentiti al momento di affrontare uno sforzo fisico superiore alle nostre attuali capacità.

Ecco nel vivere questi momenti e magari nel riguardarci contemporaneamente in vecchie foto in bianco e nero del nostro servizio militare viene da pensare quanto era diverso all’epoca il senso di quel termine ‘vecio’ che però tutti a vent’anni aspiravamo quanto prima di vederci attribuire. Ma tutto nella vita ha un peso differente in base all’età, anche le parole.
Quante volte abbiamo ascoltato scandire quel conto alla rovescia particolare che indicava l’approssimarsi del termine del periodo militare da parte di coloro ai quali mancavano pochi giorni “…ancora 8, 7, 6… …albe alla fine!” che poi si concludeva con l’urlo “E’ finita!”.
A proposito di questo a qualcuno tornava alla mente un vecchio canto delle mondine che in Piemonte raccoglievano il riso “…e non va più a mesi e nemmeno a settimane, la va a poche ore e poi anduma a ca’!”.
Come è strana la vita, allora da giovani si era felici di tornare a casa, mentre oggi con i capelli bianchi diventa a volte difficile riuscire ad allontanarci dalla nostra dimora anche solo per pochi giorni a causa degli acciacchi fisici e in certi casi per le scarse disponibilità economiche, visto gli importi delle pensioni e il costo della vita. La naja è stata per tutti coloro che l’hanno vissuta una parentesi breve dell’esistenza, per quanto lunga sia potuta sembrare.
Per tutti, anche per chi non ha affrontato il servizio di leva, il libro della vita ha riservato e continua a presentare capitoli molto più impegnativi, come il lavoro, la famiglia, la salute e in certi frangenti la vera naja qualcuno l’ha vissuta dopo quella in divisa, incontrando situazioni molto più gravose e soprattutto portando ‘zaini’ molto più pesanti. In conclusione di queste poche righe viene naturale fare un’ultima considerazione sul trascorrere degli anni.
A venti eravamo giovani, ma a quell’età anche pochi mesi di naja di differenza ci facevano sentire più ‘grandi’ di altri nostri coetanei e ci piaceva far parte della categoria dei ‘veci’, attualmente invece, entrati nella categoria dei diversamente giovani, ci sentiamo gratificati quando qualcuno, si spera non per deriderci, ci definisce ‘boce’ per l’aspetto che conserviamo.
E tutto sommato molti di noi si sentono ancora boce e si augurano di non passare troppo presto la stecca! Un modo anche questo come un altro per invecchiare con cautela…”
Di Roberto Casagrande
Dal Col Maòr n. 3 del 2025
