CAN VECIO, NO ’L BAIA ALA LUNA

…letteralmente: cane vecchio non abbaia alla luna.
Come spesso accade esiste una duplice chiave di lettura ed interpretazione per questo modo di dire che, in realtà, non è certamente tra i più diffusi e conosciuti all’interno della parlata locale.
La prima versione è di sicuro più legata agli stereotipi di un passato non troppo lontano secondo i quali i sogni, le fantasie, i frivoli pensieri non possono che appartenere ai giovani in quanto agli adulti spetta doverosamente di occuparsi degli aspetti concreti della vita quotidiana, badando alle necessità e agli impegni, senza perdere tempo in futili atteggiamenti distrattivi.
L’altra è più nostalgica e racchiude una vena assai più romantica, ovvero che giunti “ad una certa età” si tende inevitabilmente a perdere la capacità di fantasticare, di smarrirsi in visioni notturne, di intessere improbabili relazioni e dialoghi (appunto abbaiare alla luna), vergognandosi addirittura del desiderio di farlo per poter sfuggire in qualche modo dall’aridità della nostra esistenza costretta dai problemi di tutti i giorni a tenere sempre e per forza “i piedi piantati saldamente a terra”.
Dunque, questo aforisma descrive un vizio o una virtù? …probabilmente nessuna delle due, o forse entrambe.
Certo è l’accento che va posto sull’aggettivo “vecio” (vecchio) che non necessariamente è collegabile ad un’età anagrafica, bensì a quella diffusissima forma di degrado o declino sensoriale che ci impedisce di volgere lo sguardo oltre il mondo per guardare dentro noi stessi, che ci fa dimenticare quanto sia fondamentale pensare sempre ad un futuro, a orizzonti diversi da esplorare, a mete nuove da raggiungere.
Una sorta di sclerosi dell’animo che purtroppo affligge in egual misura sia i giovani che i “meno giovani”.
…E questo val par i can, ma ancora de pi par i cristiani!
Di Paolo Tormen
Da PAR MODO DE DIR
Viaggio attraverso le
espressioni verbali
più comuni, dalle origini ai
nostri giorni