L’ARMADIO DELLA VERGOGNA

Storia di fascicoli nascosti, verità insabbiate e criminali impuniti
Nascosto per oltre mezzo secolo nei sotterranei di Palazzo Cesi a Roma, l’”armadio della vergogna” è diventato simbolo di uno dei più gravi casi di occultamento della verità storica e giudiziaria nella Repubblica Italiana.
Conteneva 2274 fascicoli riguardanti crimini di guerra nazifascisti commessi in Italia durante la Seconda guerra mondiale, mai trasmessi alle procure competenti. Un archivio che avrebbe dovuto dare avvio a centinaia di procedimenti giudiziari contro ufficiali e soldati tedeschi responsabili di stragi e atrocità ai danni della popolazione civile. E invece fu chiuso a chiave, ignorato, sepolto per decenni.
Al centro di questa vicenda emerge con chiarezza la figura del generale Enrico Santacroce, Procuratore generale militare dal 1958, autore del famigerato provvedimento di “archiviazione provvisoria” del 14 gennaio 1960, con cui si bloccò l’iter giudiziario di tutti i fascicoli. Un atto considerato abnorme e antigiuridico da molti costituzionalisti e giuristi, adottato senza alcuna base normativa e in contrasto con l’obbligatorietà dell’azione penale sancita dalla legge.
Il contesto era quello della Guerra Fredda: l’Italia cercava di mantenere buoni rapporti con la nuova Repubblica Federale Tedesca, membro chiave della NATO. Non mancò, infatti, il carteggio tra alti esponenti politici come Gaetano Martino (Ministro degli Esteri) ed Emilio Paolo Taviani (Ministro della Difesa), che nel 1956 discussero sulla richiesta di estradizione di un militare tedesco per i fatti di Cefalonia. Entrambi si opposero, citando vincoli giuridici legati al trattato di assistenza giudiziaria con la Germania del 1942 (rinnovato nel 1953), che rendeva impossibile l’estradizione di cittadini tedeschi.

Nel 1965, quando si avvicinava in Germania la prescrizione per i crimini nazisti, il Governo tedesco chiese collaborazione all’Italia. La Procura generale militare rispose inviando appena 24 casi su 2274, scelti tra quelli con maggiore documentazione. Un gesto simbolico, che non poteva colmare un vuoto giudiziario creato da decenni di inerzia e insabbiamenti.
Tra le stragi più gravi rimaste senza giustizia: Boves, Sant’Anna di Stazzema, Marzabotto, la deportazione di migliaia di civili, l’uccisione di partigiani, carabinieri, religiosi e donne inermi. Una lista infinita di orrori compiuti dai nazisti e rimasti per troppo tempo senza un processo.
La Commissione parlamentare d’inchiesta sul mancato invio dei fascicoli è giunta a una conclusione chiara: Santacroce, insieme ai suoi predecessori Borsari e Mirabella, è direttamente responsabile dell’occultamento. Ma non è stato solo: è l’intero sistema giuridico e politico dell’epoca ad aver scelto, consapevolmente, di non dare giustizia.
Il “caso Santacroce” è un monito perenne. Ricorda quanto sia fragile la giustizia se piegata a logiche politiche, quanto sia pericoloso il silenzio, e quanto sia doveroso ricordare.
L’ALTO ADIGE, RIFUGIO PROTETTO
Non va dimenticato che molti dei responsabili o fiancheggiatori del nazismo trovarono rifugio in Alto Adige nel dopoguerra, protetti da una rete efficace e organizzata.
Tra questi:
- Karl Wolff – Generale delle Waffen-SS, capo supremo della polizia e delle SS in Italia – ospitato ad Appiano.
- Karl Haas – Ufficiale del controspionaggio, coinvolto nell’eccidio delle Fosse Ardeatine – ospitato a Bolzano.
- Mario Carità – Criminale di guerra della RSI – rifugiato a Castelrotto.
- Pierre Laval e Jean Luchaire – Primo ministro e ministro della propaganda del governo di Vichy – rifugiati a Merano.
- Margarete e Gudrun Himmler – Moglie e figlia del capo delle SS Heinrich Himmler – ospitate a Selva di Val Gardena.
- Famiglia Bormann – Moglie e figli di Martin Bormann – rifugiati tra Merano e Bolzano.
Anche Adolf Eichmann e Josef Mengele, noti criminali di guerra, transitarono per il Sudtirolo, grazie a documenti rilasciati dal Comune di Termeno. Mengele, noto per i suoi esperimenti disumani su gemelli ad Auschwitz, ricevette nel 1949 un documento intestato a “Helmut Gregor”, nato a Termeno, che gli permise di fuggire in Sud America.
Dietro questa rete, operarono figure come:
- Mons. Alois Pompanin – Vicario della diocesi di Bressanone, premiato nel 1958 con la “Ehrenzeichen des Landes Tirol”.
- Karl Nicolussi Leck – Ufficiale delle SS, decorato con la Ritterkreuz, cofondatore del Museion e della scuola Claudiana.
Come sottolineato dallo storico Gerald Steinacher nel suo libro La via segreta dei nazisti, questa rete aveva diramazioni internazionali e locali. Un sistema occulto, radicato e complice, che garantì la fuga e l’impunità a criminali che avrebbero dovuto affrontare la giustizia.
Gli Alpini,
custodi della memoria e protagonisti di tante pagine di resistenza e solidarietà,
non possono dimenticare.
Perchè il silenzio non è mai neutrale.
RESPONSABILI DELL’OCCULTAMENTO
- Gen. Enrico Santacroce – Procuratore generale militare (1958-1974): ordinò l’archiviazione provvisoria dei fascicoli nel 1960.
- Dott. Umberto Borsari – Procuratore generale militare (fino al 1954): mantenne inattiva la gestione dei fascicoli.
- Gen. Arrigo Mirabella – Procuratore generale militare (1954-1958): proseguì la linea di non trasmissione alle procure.
COLLABORATORI
- Col. Franco Puliti – Dirigente di cancelleria, gestì fisicamente i fascicoli a Palazzo Cesi.
- Gen. Campanelli – Supervisione e custodia dell’archivio segreto.
- Dott. Giovanni Di Blasi – Collaborò alla classificazione e alla conservazione dei fascicoli.
POLITICI COINVOLTI (con atti o omissioni)
- Gaetano Martino – Ministro degli Esteri, 1956: si oppose all’estradizione di criminali tedeschi.
- Emilio Paolo Taviani – Ministro della Difesa, 1956: condivise l’opposizione di Martino.
- Giulio Andreotti – Ministro della Difesa, 1960: negò ogni coinvolgimento, ma era in carica all’epoca dell’archiviazione.
CRIMINALI NAZISTI E FASCISTI IMPUTATI NEI FASCICOLI OCCULTATI
(Selezione di casi e nomi tratti dal carteggio e dalla documentazione ufficiale)
- Gen. Hubert Lanz, Gen. Speidel – Responsabili dell’eccidio di Cefalonia e Corfù.
- Gen. Lieb – Strage di Boves e deportazioni nel Cuneese.
- Joachim Peiper – Stragi in Piemonte, responsabile diretto a Boves.
- Titho Karl Friedrich, Hans Haage, Otto Rikoff – Uccisione di 71 internati a Capri.
- Ten. Col. Ewert – Uccisione di 65 civili in provincia di Firenze.
- Mag. Ludwig Wiegand – Responsabile di diverse stragi in Toscana.
- Col. von Bernardi, Cap. Leimberger, Strassmeyer – Torture a prigionieri italiani nel campo Oflag 83.
- Gen. Ritter von Oberkampf, Gen. August Schothuber, Ten. Otto Ludendorff – Uccisione di 49 prigionieri italiani a Spalato.
- Cap. Henning, Maj. Noll, Cap. Eghembar, Gen. Hoppe, Ten. Hans-Dietrich Michelsen, Ten. Wolf Dünnebier – Eccidi in Emilia-Romagna, Toscana, Trentino.
(L’elenco completo è conservato negli atti della Commissione parlamentare, CHE ALLEGHIAMO QUI, e negli archivi della Procura generale militare)
Memoria è giustizia. Dimenticare è complicità.
Michele Sacchet
Per chi vuole approfondire:
Da “L’Atlante delle Stragi Naziste in Italia”
https://www.televignole.it/crimini-nazifascisti-occultati-5/