Alpino semplice, anzi semplicemente Alpino

Alpino semplice, anzi semplicemente Alpino

“Semplice” un aggettivo tanto utilizzato, ma spesso in maniera impropria, tanto che per comprenderne bene il significato non si può prescindere dalla ricerca e analisi della sua origine.

Dal Latino simplex, simplicis, è composto dalle radici sem (uno, uno solo) e plek (plectere = allacciare, plicare = piegare).

Quando è riferito ad una cosa si intende non complesso, non complicato, appunto, oppure indica qualcosa che è essenziale, senza pretese, o priva di decorazioni futili o pretenziose. Se riferito ad una persona l’aggettivo semplice significa schietto, sincero e genuino, ma volte purtroppo è utilizzato con una sfumatura negativa per descrivere, ad esempio, una persona ingenua, inesperta o addirittura grossolana.

Quando questo aggettivo precede il sostantivo (es. una semplice occhiata) assume un valore positivo di unicità, mentre se è posto dopo il sostantivo quasi sempre si traduce come basico, grezzo. In questi casi indica chi occupa il livello iniziale di una carriera o il grado più basso di una gerarchia militare.

Si usa dire, infatti, con tono enfatico che quel tale è ancora soldato semplice, operaio semplice, impiegato semplice, intendendo con ciò che non è riuscito ad elevarsi per nulla dalla sua condizione di partenza professionale o lavorativa in genere. L’avverbio derivante da questo aggettivo (semplicemente) è generalmente utilizzato in tono positivo relativamente a verbi propri dello stare assieme in comunità come parlare semplicemente, trattare semplicemente, accogliere semplicemente e indica sempre una modalità di esecuzione schietta, sincera, efficace e priva di sottointendimenti. A volte si usa anche come rafforzativo (sei semplicemente fantastica).

Semplice è lo sguardo del tuo cane, tutt’altro che vuoto o inespressivo, la profondità dei suoi occhi contiene esclusivamente il sentimento provato per te in quel preciso istante, ne memoria impressa o previsione futura, ma solo disponibilità assoluta e gratuita ad accogliere anche le tue stesse fragilità incomunicabili a parole.
Semplice è la gioia dei bambini, il loro sorriso, la loro voglia di giocare sempre, anche nelle situazioni peggiori che il mondo dei grandi costruisce attorno ad essi. Nella mente di chi cerca spiegazioni per qualsiasi cosa avvenga e formula teorie per tutto ciò che passa davanti ai suoi occhi, questa gioia semplice risulta molto spesso incomprensibile e destabilizzante, in realtà si tratta di un puro istinto di sopravvivenza, una naturale forma di resilienza alla fatalità degli eventi.

Purtroppo, estremamente semplici sono la fame e la sete, niente a che vedere con i languorini di stomaco o il desiderio per qualche tipo di bevanda, bensì primordiali bisogni di cibo e acqua. Due enormi piaghe di questa nostra opulenta e salutista società che pur nella loro assoluta e drammatica basicità, incredibilmente sembrano tutt’oggi non trovare soluzione altrettanto semplice.

Semplice è il profumo del pane appena sfornato, nitido, forte, inequivocabile messaggero di prelibatezza, profumo che un tempo era frequente percepire per le strade, di buon mattino e che per un po’ sembrava destinato all’oblio, ma che per fortuna attualmente è ritornato ad invadere molte cucine delle nostre case.

Il profumo del pane è semplice perché è esaltazione di semplici ingredienti quali acqua farina e sale, miracolosamente trasformati dalla lievitazione, è semplice perché risulta inutile e ridondante il tentativo di attribuirgli una composita fragranza (“si avvertono al suo interno variegati aromi di…” , “si possono percepire diversi sentori di…”), no! è solo delizioso e inconfondibile profumo di pane ben cotto!

Quanto detto finora in merito al significato di “semplice” e dei suoi numerosi derivati ci fa un po’ storcere il naso tutte le volte in cui ci troviamo serviti sul piatto dell’informazione quotidiana concetti quali “la semplificazione del procedimento amministrativo” oppure “le giuste scelte per semplificarti la vita”, che poco o nulla possiedono delle caratteristiche di linearità e concretezza, qui ripetute più volte, ma suonano piuttosto come fastidiosa presa per i fondelli.

Mio papà era un uomo semplice così come lo era stata la sua vita, tutt’altro che comoda e facile, ma sempre condotta nel segno di pochi e fondamentali semplici valori. Anche la sua istruzione era stata molto semplice, formata più nei cantieri o sui campi, che sui banchi di scuola, comunque in grado di esprimere senza tante parole il grande senso civico e di servizio che contraddistingueva le sue relazioni. Nel nostro ambito associativo amava definirsi “Alpino semplice” fiero e consapevole di quel famoso adagio, assai noto fra gli addetti ai lavori, secondo il quale “Alpin fa grado”.

I suoi discorsi erano semplici, magari non espressi in un linguaggio particolarmente forbito, ma sempre orientati alla concretezza, alla pragmaticità, eloquenti e mai banali o volutamente volgari. Ormai giunto al capolinea della sua esistenza, in uno dei suoi ultimi momenti di lucidità, mentre attorno a lui tutti si prodigavano per tranquillizzarlo e rassicurarlo, volle consegnarmi una confidenza sussurrandomi con un fil di voce “Qua, fiol meo, la verità la è semplice: me sa che sta olta me toca proprio morir”.

A me piace ricordarlo proprio così: un Alpino semplice, anzi semplicemente Alpino.

 

Paolo Tormen per il Col Maòr n. 1 del 2024

 

 

In copertina foto del Gruppo Alpini al lavoro per la pulizia e ricostruzione della fontana di Salce – Silverio Tormen e suo figlio Paolo al lavoro con “nono” Ernesto Barattin e Mario De Luca.

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