“Tu non sei un Alpino!”

“Tu non sei un Alpino!”

Riflessioni su appartenenza, orgoglio e rispetto alla luce dell’Adunata.

Stasera, durante una serata conviviale fra “reduci” della recente Adunata Nazionale di Biella, ho ricevuto una frase che mi ha fatto riflettere. A pronunciarla, un ex Allievo Ufficiale della Scuola Militare Alpina di Aosta (SMALP), con tono acceso e poco incline al dialogo:
“Tu sei del Genio! Tu non sei un Alpino!”

L’affermazione nasceva da una mia considerazione, espressa con serenità e spirito costruttivo: che all’Adunata degli Alpini bisognerebbe sfilare inquadrati nei propri Gruppi e Sezioni A.N.A., non in formazioni parallele e non regolamentari, come avviene da qualche tempo – e in particolare – con gruppi autonomi di ex Allievi SMALP. Una presa di posizione personale, ma fondata su ciò che lo Statuto e il Regolamento dell’A.N.A. prevedono.

Eppure, quella semplice osservazione ha scatenato una reazione tanto dura quanto ingiustificata. Ma soprattutto ha aperto, dentro di me, un cassetto di esperienze, ricordi, riflessioni accumulate in oltre quarant’anni di Adunate vissute da Alpino tra Alpini.

In oltre 35 Adunate ho visto di tutto, ma mai ho giudicato

Nel corso di queste quattro decadi, ho visto un’umanità straordinaria sfilare per le strade d’Italia: cappelli fuori ordinanza, goliardia a volte un po’ esagerata e fuori le righe, volti rubizzi dopo una notte nei tendoni, cori improvvisati, gambe malferme e cuori saldi.

Eppure, MAI – e lo ripeto, MAI – mi sono permesso di giudicare l’alpinità di chi avevo accanto. Perché ogni Alpino porta con sé una storia, un vissuto, un servizio – breve o lungo, facile o faticoso – ma sempre degno di rispetto. E se uno porta il cappello, lo porta con orgoglio. Nessuno ha il diritto di dirgli: “Tu non sei dei nostri.”

La vera alpinità: spirito, non gerarchia

L’episodio di questa sera, spiacevole e rivelatore, mi spinge a una riflessione più profonda:
la vera alpinità non si misura in stellette, gradi o scuole frequentate. Non nasce ad Aosta e solo ad Aosta. Perché le montagne sono ovunque.

Essere Alpini significa condivisione, spirito di sacrificio, umiltà. È il silenzio della marcia, il sorriso del volontario, il rispetto per la storia e per chi ci ha preceduti. Non ha nulla a che vedere con atteggiamenti elitari, con l’arroganza di chi si sente “superiore” perché ha frequentato la SMALP. Un’istituzione importantissima, certo. Un percorso formativo prestigioso, senza dubbio. Ma non un lasciapassare per giudicare gli altri o per porsi sopra di loro.

Quando la scuola diventa ostentazione

Negli anni, ho osservato con crescente disagio il moltiplicarsi di presenze autonome all’interno delle Adunate. Blocchi di ex Allievi SMALP sfilano sotto striscioni propri, spesso non inquadrati nelle Sezioni ANA, talvolta non iscritti all’Associazione stessa. E fin qui, potremmo anche parlare di folklore.

Ma ciò che davvero stride è l’atteggiamento con cui alcuni di questi ex Ufficiali si pongono nei confronti degli altri Alpini – inclusi quelli in armi. Ho visto sguardi dall’alto in basso, ho colto frasi sprezzanti, ho percepito quella distanza che nasce non da un metro di differenza nei gradi, ma da un metro mancante nella misura dell’uomo.

E proprio in questo si annida il pericolo più grande: che la formazione diventi ostentazione, che la memoria si trasformi in vanità, che lo spirito alpino si smarrisca tra l’orgoglio e la presunzione.

Un pensiero condiviso anche da chi la SMALP l’ha vissuta davvero

Fortunatamente, conosco molti ex Allievi SMALP – sicuramente ben più anziani e saggi del “personaggio” di questa sera – che condividono appieno questo punto di vista. Sono uomini che riconoscono il valore della loro Scuola, ma anche quello – immenso – di ogni singolo Alpino, a prescindere da dove abbia fatto la naja o da quale Arma provenga.

Perché non è l’anagrafe militare che fa l’Alpino, ma il suo comportamento.

Questi sono gli Alpini che mi piacciono, sono gli ex Ufficiali che si mettono in riga con tutti gli altri, che sfilano con discrezione, che si commuovono al battere del “33”, che sanno cosa significa “essere parte” e non “stare sopra”.

L’Adunata non deve essere una passerella, ma un ritorno a casa

Alla fine, l’Adunata è questo: un ritorno a casa. Un ritrovo di cuori, più che di gradi. Un fiume in piena che dovrebbe portare tutti nella stessa direzione, senza deviazioni di ego, senza isolati bastioni d’orgoglio.
Sfilare con la propria Sezione, accanto agli amici dei propri Gruppi, non è solo una questione di regolamento, ma un segno di appartenenza, di ordine, di rispetto. Verso l’A.N.A., verso chi ci ospita, verso chi ci osserva con commozione. Soprattutto verso i nostri “veci” che anni or sono hanno fondato i nostri Gruppi, che hanno lavorato fianco a fianco per costruire con orgoglio le nostre sedi e che ora, meritano tutto il nostro rispetto per avere portato l’A.N.A. ad essere quello che è oggi.

In conclusione: siamo Alpini quando non dobbiamo dimostrarlo

E’ una frase che dovremmo scrivere sopra l’ingresso di tutte le nostre sedi: “Siamo Alpini quando non abbiamo bisogno di dimostrarlo!”, quando lo siamo nei gesti, nella parola, nel rispetto per l’altro.
Non siamo Alpini “di più” o “di meno” a seconda del nostro percorso militare.
Siamo Alpini insieme. O non lo siamo affatto.

E chi pensa di stabilire chi è dentro e chi è fuori, chi è degno e chi no, probabilmente ha perso per strada proprio quello spirito di corpo che a parole tanto difende.

Le stellette si possono appuntare sul petto.

L’alpinità, no. Quella si guadagna ogni giorno.

 

Ci vediamo a Genova!

 

 

Michele Sacchet

Primo Capitano Genio Minatori
2° Battaglione Iseo – Bolzano

admin

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